Giuseppe Aragno - anno scolastico 2006-2007
Giuseppe Aragno - 28-08-2007
Nell'Italia cattolica e costituzionale, dominata da furbi e da cialtroni, i prezzi dei libri scolastici sono fuori controllo, ma in compenso abbiamo l'intesa Fioroni-Toukan per un "ponte culturale" con la Giordania. Mentre la scuola pubblica è in stato comatoso, il ministro fa la ruota coi ciellini: coi quattrini scippati ai contribuenti incrementerà lautamente il finanziamento per la scuola privata. Pensionato l'articolo 33 della Carta costituzionale, il nuovo avanza: parte il programma "Bello e bravo" con gli incentivi e l'albo delle eccellenze. Poco più poco meno che il berlingueriano bollino qualità. Nunc est bibendum, è il momento di brindare, esulterebbe Orazio.
L'Italia dominata da furbi e da cialtroni è chiusa nei boschi che bruciano e annega felice ogni sera nel sangue d'un feroce omicidio - chi sarà l'assassino? sbavano mezzibusti d'ogni rete e colore, più o meno noti, più o meno strapagati, tutti disciplinatamente proni di fronte a quello che sempre più chiaramente appare un velenoso e grottesco autoritarismo parlamentare. Si vive a Garlasco, tra il sangue d'una sventurata ragazza massacrata a botte sulla testa e il linciaggio mediatico d'un presunto assassino lapidato dal "diritto-dovere d'informazione".
Giuseppe Aragno - 03-08-2007
Vendere fumo è un'arte talvolta persino raffinata e occorre dirlo: a Berlinguer, Fioroni e Moratti certo non fa difetto. Oscura, se si vuole, è la "parte"; e su questo varrebbe la pena di fermarsi, in via preliminare, parlando oggi di scuola tra noi addetti ai lavori. La scuola-azienda, quella che ci vuole, ad un tempo, guardia armata della rivoluzione neoliberista e garanti della formazione d'una manovalanza rassegnata e prona - questa, mi pare, è la merce che occorre produrre - la scuola così concepita non ha parte politica, non è di sinistra o di destra, come tutto ormai da qualche tempo. Non lo è, non può esserlo: il mondo di valori cui rimandano queste parole è archeologia politica e fa parte ormai di una storia lontana. Se il "Manifesto", occupandosi per una volta del "triste stato di un'istruzione tutta da ripensare", non trova di meglio che rivolgersi a Luigi Berlinguer per avere lumi, beh, allora non solo il malato è veramente grave, ma siamo alla disperazione: si tenta di tutto e, mancando un medico di valore, si ricorre persino agli sciamani.
Come uscirne?
Giuseppe Aragno - 27-07-2007
Eraclito aveva ragione: nulla sarà com'era, ma l'insanabile conflitto degli elementi in campo produce l'armonia. Senza la notte, non può esservi il giorno. E, se questa è la nostra notte, lottiamo: il giorno verrà.
Anche l'autunno sarà caldo, mi dico, e amaramente sorrido: occorrerà che sia rovente. E' necessario che accada: la guerra è nelle cose e non è più tempo di sognare che una buona scuola possa nascere nel clima d'imbarbarimento d'un paese praticamente venduto a logiche di profitto. No. Non è più possibile ignorare che una battaglia per la scuola ha senso e prospettive solo in una visione di sistema, squisitamente politica. Una battaglia per la scuola non si può più "pensare" in termini di "riforma".
Giuseppe Aragno - 30-06-2007
Di Fioroni l'ultima che si sa è la più bella: da settembre le scuole superiori avranno Dvd con Dante e con Benigni. E' la presa del palazzo d'inverno e, in quanto al resto, tra vendite di fumo, proclami a mezza voce e contratti da fame, s'annunzia il nuovo corso e le sventure sono dipinte a festa. Spiccioli pidocchietti contrabbandati per "grandi investimenti" e giù la doverosa sfilza dei "punti qualificanti": la qualità di berlingueriana memoria, con tanto di progressione di carriera funzionale allo sviluppo dell'azienda, la morattiana "valutazione" della professionalità docente in termini di competenze degli studenti, il tutto condito da "Quaderni bianchi" e "accordi quadro" coi sindacati - i vertici, s'intende, ché la base non conta - e un direttorio di governo che da solo è l'espressione d'una filosofia. Pensate un po': il Ministero dell'Economia e delle Finanze con quello della Pubblica Istruzione! Pubblica è l'etichetta e, se la leggi bene, è come al supermarket: l'acquirente è tenuto a controllare la data di scadenza.
Giuseppe Aragno - 23-06-2007
Fannulloni

Male che vada, c'è da stare allegri: c'è da scegliere tra un "ricco" assortimento e ci rimane solo il piccolo imbarazzo della scelta.
A destra, col nuovo che avanza, corre un geniaccio della jet society che, ravviandosi vezzosamente il liscio ciuffo biondo sulla fronte increspata, prende paternamente a schiaffi i lavoratori che contano i centesimi e sono ormai alla fame. "Fannulloni" ci ha definito Montezemolo, noto stacanovista della bella vita, che vende fumo, s'ammazza di fatica e si contenta con nonchalance degli otto, miserabili, milioni di euro all'anno che gli passa il convento. Tutti meritati. Si voglia o meno, tiene in piedi tra l'altro la baracca della più sciagurata imprenditoria che ammorba l'universo mondo. E' in bella compagnia, questo va detto. Sono con lui Paolo Scaroni che ricava dall'Eni l'elemosina annuale di dieci milioni di euro, Giancarlo Cimoli che, affossa a regola d'arte le "sue" aziende, raggranella in una anno due milioni d'euro e lascia a noi pulci, pidocchi e zecche di quei treni che ha guidato fin quasi al precipizio. Con lui c'è Mario Draghi, uomo di bankitalia che non perde occasione per impartirci la benedizione: occorre riformare le pensioni....
Giuseppe Aragno - 16-06-2007
Un'orgia di memoria. Ultimo arrivato con la marea sormontante dei ricordi tirati per la giacca e prescritti per legge, ora c'è il nove maggio, il giorno dedicato alle "vittime del terrorismo". Seduti in Parlamento per forza d'una legge di stampo fascista, l'hanno scelto con voto unanime e certo non lo sanno: il giorno è quello giusto.
Nel paese dei ricordi, però, nessuno l'ha ricordato: il nove maggio non è solo via Fani. C'è un altro nove maggio: quello del 1897 coi funerali di Romeo Frezzi, vittima di un terrorismo di cui non si parla, benché accompagni, scuro e sanguinoso, la vicenda d'un paese che ha mille ricordi eppure è smemorato: il terrorismo di Stato, con le bombe e le stragi. Portella della Ginestra, Piazza Fontana, Brescia, l'Italicus, la stazione di Bologna. Un terrorismo senza terroristi.
Romeo Frezzi fu muratore innocente in un giorno in cui serviva un colpevole a ogni costo, anarchico ovviamente, come oggi, quando serve, è meglio musulmano e integralista. La questura era regia; Marcello Guida, direttore fascista di Ventotene e Santo Stefano, riciclato nella repubblica nata dalla Resistenza, non era ancora comparso all'orizzonte e non c'era nemmeno il commissario Calabresi. La questura era regia, ma la storia è più o meno la stessa: l'innocente interrogato muore di molte morti e non c'è un assassino: si è suicidato battendo ripetutamente la testa contro il muro, giura il questore; ha avuto un malore, afferma il commissario; s'è lanciato da una finestra schiacciato dalle responsabilità, sostengono in coro i questurini. Il magistrato non si chiama D'Ambrosio, non è senatore indipendente candidato nelle liste dei DS, ma il "malore attivo" è vecchia tradizione e giustifica tutto. L'autopsia rivelerà che la morte di Frezzi non può essere dovuta a un suicidio. Pare - chi sarà mai stato? - che il decesso sia da attribuirsi a un feroce pestaggio: il medico trova fratture al cranio, la colonna vertebrale staccata addirittura dalle costole all'altezza della spalla destra e lesioni alla milza e al pericardio.
Un paese civile, che si sceglie un giorno per ricordare le vittime del terrorismo, il nove maggio non dà la parola solo ai parenti di Moro e Calabresi. Di Frezzi non so se vivano parenti, ma Pinelli - come non pensare a lui se si parla di Frezzi? - Pinelli aveva moglie, due figlie e mille compagni: nessuno è andato a cercarli, nessuno tra quanti si sono accampati nell'aula sorda e grigia tramutata in bivacco, ha ritenuto di dover ricordare. Facciamolo noi, per quello che possiamo.
Giuseppe Aragno - 08-06-2007
Fuori la porta del Palazzo il paese reale è ferito. Noi della scuola leggiamo di rappresentanti del sindacalismo di base, in lotta per la democrazia, inascoltati dal Parlamento e picchiati dai "tutori dell'ordine", scopriamo che, grazie a decreti e leggi di parlamentari che non abbiamo potuto eleggere, l'anno prossimo avremo meno insegnanti di sostegno dei pochi in servizio quest'anno: in Liguria addirittura uno su tre alunni, come impunemente consente il federalismo alla D'Alema. Fuori la porta del Palazzo, noi della scuola facciamo i conti con le classi sovraffollate, la precarietà delle condizioni igienico-sanitarie delle strutture scolastiche, chiediamo invano il rispetto delle norme sulla sicurezza, scontiamo sulla nostra pelle la politica dei tagli indiscriminati, affrontiamo da commissari gli esami di Stato, senza aver ricevuto la retribuzione del lavoro svolto per gli esami dall'ormai lontano 2004, e ascoltiamo il grido di allarme di un ministro dell'istruzione pubblica che lamenta: la scuola sta per fare banca rotta.
Giuseppe Aragno - 30-05-2007
Se s'è data battaglia - e onestamente non mi pare - il risultato è chiaro. Poi, certo, ognuno le cose le legge come crede e a Lissa, dopo la disfatta, l'ammiraglio Persano dichiarò di "essere rimasto padrone del mare".
Lo so. C'è stato chi ci ha creduto e s'è posto il problema: che faccio, sciopero? Qui tra noi s'è discusso, tra teste calde e gelo di sapienti, ma l'esperienza insegna e non mi appassionavo al tira e molla governo-sindacati. Ne ho fatto da tempo una questione di metodo e parto da un principio che non chiedo sia condiviso: non credo che abbiamo un governo nel senso pieno e politico della parola, non ritengo che i Panini di turno facciano davvero un sindacato. La vicenda delle grandi organizzazioni politiche e sindacali appartiene al passato e sarà un problema storico comprendere i meccanismi che ne hanno determinato la prematura scomparsa, anche se non me lo nascondo: ne nasce un serio problema di assetti costituzionali.
Giuseppe Aragno - 25-05-2007
Dunque è così: se i killer hanno la mano che trema, a sparare ci pensa da solo il capobanda e non se ne parla più. Con buona pace di chi ancora s'ingegna a credere nei miracoli, la scuola ha bisogno del colpo di grazia. Da troppo tempo dura l'agonia e - Bagnasco capirà - è il caso di evitare l'accanimento terapeutico, dopo il coma irreversibile prodotto dalle mazzate dei riformisti berlinguermorattisti e dagli svitamenti clerico-artigianali dei giravitisti.
Il caudillo ora c'è. Cordero Luca di Montezemolo, l'uomo Ferrari non intende governare per delega e si delega a governare. Ha programma chiarissimo: dopo l'Azienda Italia ecco il Progetto Paese. Guarda lontano la freccia rossa di Maranello e pone una scadenza: per il 2015 - è sicuro di esserci e certo che ci saremo - per il 2015 vuole un'Italia protagonista, alla quale regala la sua capacità di leadership.
Signori ringraziamo.
Oltre il nuovo confine, che passa trasversale tra gli schieramenti, oltre una frontiera che si chiude persino alle maggiominoranze e cambia le regole del gioco - qui comando io - l'uomo nuovo del fato ha la ricetta giusta: basta chiacchiere sulle pensioni - si va all'abolizione - basta tolleranza con l'immigrazione - il marcio è quello e occorre la maniera forte - giusta è la legge Biagi e occorre potenziarla.
Giuseppe Aragno - 11-05-2007
Sono seriamente preoccupato. Un saggio, che ha il senso della misura, e conosce le colpe e i rimedi se la prende con teste calde e matti da legare - Napoleone è Renzetti - cosicché, voglia o meno, con Isa e Roberto tra gli illusi delusi mi ci trovo anch'io.
Non voglio esagerare e lo capisco: il mondo non cadrà se la mia testa bolle e andrebbe bene così, se assieme ai calori della testa non ci fosse quel "compagno perduto" così definitivo e conclusivo, così perentorio e irrimediabile, sicuro della sua verità come può e dev'essere il certificato mesto che il medico firma quando vince la morte. Se ci penso, ho certamente di che preoccuparmi.
Giuseppe Aragno - 04-05-2007
Troppo Stato, si osserva da più parti. Uno si guarda dentro e non capisce: ma lo Stato chi è? Lo Stato siamo noi gli hanno spiegato. E allora? Troppo noi si afferma da più parti. E che vuol dire? Nessuno sa, ma tutti son d'accordo.
Manca il lavoro, scrivono gli analisti, e si sa bene: l'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro. E allora? Manca la repubblica democratica. Tutti lo sanno, ma nessuno lo dice.
Giuseppe Aragno - 25-04-2007
In Croazia la prima, grande unità partigiana che operò in Istria contro i nostri "bravi ragazzi" in divisa nacque nell'estate del 1942 e arruolò anche alcuni lavoratori italiani per i quali la speranza di costruire un mondo migliore aveva un valore ben più alto della "patria" fascista e di ricorrenti deliri della "civiltà da esportare". Nata per sconfiggere il fascismo, la brigata si scelse il nome d'un giovane antifascista giustiziato: Vladimir Gortan, educato a un comunismo ancora sensibile alla prima tradizione internazionalista, fondata su sperimentati e solidi rapporti tra diverse identità etniche.
Contadino, Gortan aveva appena quindici anni quando a Pisino, suo paese natale, nel 1919, conobbe le prime minacce dei giovani fascisti: "A Pola xe l'Arena, la Foiba xe a Pisin che buta zo in quel fondo chi ga certo morbin" (1). Era l'annuncio della politica razzista posta in essere poi dall'Italia di Mussolini contro gli sloveni e della durissima repressione che colpì socialisti, comunisti e anarchici nelle realtà industriali di Trieste, Fiume, Monfalcone e Pola.
Giuseppe Aragno - 18-04-2007
Sembra ieri che ho chiuso, ma sono due o tre anni. Ero intorno ai 1600 mensili dopo quasi 37 anni di servizio e ora, tra la cura Schioppa, la costosissima spazzatura regionale e un anticipo d'addizionale comunale, la pensione di 1501 euro s'è messa a fare il gambero ed è tornata indietro, così che, ad ascoltare statistiche e tasche, scivolo fatalmente verso una dignitosa indigenza e mi tocca moderare le aspettative di vita per non dovermi improvvisare clochard.
Pierino chiederà - uno lo trovi sempre - perché ho lasciato prima dei fatidici quaranta o, meglio ancora, perché, tra gradini e gradoni, non ho aspettato una vecchiaia da professore in attesa dello stipendio europeo che prima o dopo verrà - basta crederci - e il momento felice in cui la scuola-azienda mi avrebbe apprezzato per quello che valgo, se valgo: sulla soglia del ritorno al mistero, avrei potuto navigare nell'oro. E già mi vedo, ultranovantenne, sprofondare nell'oro come un Mida novello.
Perché, caro Pierino?
Giuseppe Aragno - 04-04-2007
Dallo Speciale Il tempo e la storia



Appare sempre più chiaro. L'uso pubblico della storia riaccende le ostilità e i rancori d'una stagione politica che sembrava conclusa e, alla resa dei conti, la memoria e il ricordo trasmettono ai nostri ragazzi il veleno dell'odio.
Le parole che seguono non nascono per caso: la risposta a chi da qualche tempo ci toglie la parola, levando in alto i labari fiumani, va affidata al rigore della ricerca e ad una scuola dello Stato che torni ad essere naturale cerniera tra scienza e conoscenza.
La contestazione - la mia generazione lo ricorda bene - può essere occasione preziosa per suscitare interessi e indurre al confronto. Da studioso, ho avviato perciò una ricerca e la sorte mi è stata amica: credo di aver qualcosa di nuovo da raccontare e sono più sicuro di quello che dico. Il mio mestiere è insegnare, ma si insegna solo se si continua a imparare.
Giuseppe Aragno - 22-03-2007
Uno studente mi fa: - chi è Renato Curcio?
Lo guardo e non capisco.
- Perché me lo chiedi? - domando.
- Beh, sono stato a Galassia Gutemberg e ho assistito a una manifestazione che mi ha scosso. C'era questo Curcio che presentava un libro, ma nella sala ha fatto irruzione gente che urlava, mostrava striscioni e chiedeva il carcere a vita per i terroristi. E' intervenuta la polizia, ne è nato un tafferuglio, poi per fortuna è tornata la calma. Ma a me è rimasta la curiosità e la voglia di capire. Ho sentito dire che è un terrorista ...
Lo guardo e se potessi, preferirei sottrarmi. Ma è lì, davanti a me, ha gli occhi chiari e leali: si fida di me ciecamente. E di me devo fidarmi anch'io: il mio mestiere è insegnare.
Giuseppe Aragno - 15-03-2007
I giovani italiani, che pure sono nella stragrande maggioranza cattolici cristiani, affidano alla Chiesa la propria vita in numero sempre minore. Nel 1878, quando non avevamo toccato i 28 milioni di abitanti, tra diocesani e religiosi contavamo 63755 sacerdoti. Oggi, in un Paese di oltre 60 milioni di abitanti non ci sono, a cercarli 50.000 sacerdoti [1]. I conti li faccia chi legge. Sta di fatto che, nel 1878, un governo ferocemente classista, espressione di poco più che mezzo milione di cittadini scelti in base al censo, l'élite dell'anemica rivoluzione della nostra borghesia, aveva da poco espugnato Roma a cannonate ed emanato, con atto unilaterale, la legge delle "Guarentigie", che regolava i rapporti dell'Italia unita con l'ultimo sovrano assoluto rimasto in trono nel nostro paese. Con gesto di infinita arroganza, Pio IX, sprezzando i sentimenti profondi dei cattolici, si chiuse allora in Vaticano con tutto ciò che restava dell'antico inganno di Sutri: la falsa donazione d'un falso Costantino, il voltafaccia consumato nei giochi di potere - in hoc signo vinces - la chiesa dei martiri ridotta a chiesa dei martirizzatori, la Provenza devastata, i fiumi di sangue delle guerre di religione, Moro, Galilei, Bruno, il Sillabo e il Sant'Uffizio. Tutto portò con sé, nei suoi palazzi d'oro e nel buio profondo della sua storia, e tutto portò poi al cospetto di quel Dio, in nome del quale la chiesa, che non sa leggere nel cuore dei suoi fedeli, l'ha voluto santo, ed al cui fianco siede coi morti fatti e le condanne a morte sottoscritte.
Giuseppe Aragno - 08-03-2007
Non l'avremmo nemmeno saputo. La notizia è filtrata tra le strette maglie della disinformazione, tra i filtri dell'antiterrorismo, tra liberatori ed esportatori di democrazia armati fino ai denti, perché c'è ancora coraggio a questo mondo e un reporter ce l'ha fatta. Il mondo l'ha saputo: sedici civili inermi sono stati falciati a Kabul dai mitra dei pacifisti volontari di guerra umanitaria.
La pace ha i suoi costi, si sa, e mentre la maggiominoranza concordava nell'ombra dichiarazioni d'occasione e un turbinio di veline smentiva categoricamente che la guerra sia ormai giunta ad Harat, dove sono accampati i nostri arditi, bombe pacifiste facevano a pezzi nove sventurati per difenderli eroicamente dai soliti terroristi, nemici giurati dei valori occidentali e della sempre più brillante democrazia borghese. Si allunga così la fila dei morti di pace che naturalmente ringraziano i loro carnefici: la vita ci è data in prestito dalla imperscrutabile volontà celeste e occorre spenderla degnamente.
Giuseppe Aragno - 02-03-2007
Al centro dei nostri interessi abbiamo la scuola e in una buona scuola, si è detto da sempre, "non si fa politica". Lo sostenevano, mi pare di vederli, con l'aria severa e convinta, anche quei professori che, insegnandoci l'alfabeto della filosofia, ci tenevano che lo imparassimo bene: l'uomo è per sua natura animale politico che si esprime con la parola e si realizza nella polis. Aristotele - precisavano - "La Politica".
Il mondo va così: ciò che facciamo non sempre è figlio delle cose in cui crediamo: ci vuole prudenza, si sono le convenzioni e l'opportunità. C''è qualche volta poi l'opportunismo e, d'altro canto, è scienza popolare: tra il ldire e il fare c'è di mezzo il mare e non fa meraviglia se abbiamo tra noi, e non sono pochi, lettori-elettori che espellerebbero Aristotele dalla storia del pensiero umano, così come Rifondazione espelle Turigliatto. Che dire?
Giuseppe Aragno - 24-02-2007
Annunciato con largo anticipo, l'otto settembre s'è presentato improvviso e la storia sembra ripetersi: di nuovo truppe sbandate, senza un ordine o uno straccio di piano che impedisca alla ritirata di farsi rotta disordinata.
"Volerò alto" aveva dichiarato, spocchioso come solo lui sa essere, Massimo D'Alema, ma ciò ch'è alto per uno può esser basso per altri e un dato infine è certo: in questo alto volare sulla plebe parlamentare nominata e non eletta, raccolta tra tende e bivacchi nell'aula sorda e grigia, ha scelto abilmente la quota, ed ha reso volutamente il governo facile bersaglio del tiro incrociato della Conferenza Episcopale, di Confindustria e del padrone nordamericano. L'unico modo per sbandare la sinistra e costringerla alla resa: armi e bagagli prigioniera dei clerico-moderati o messa alla porta con la nomea di Giuda.
Giuseppe Aragno - 16-02-2007
Mancavano e ci sono. Deformata tragedia, memoria grottesca nelle moltiplicate memorie imposte ope legis o a forza di reiterate campagne mediatiche del neoliberalismo made in Italy, fatto di tricolori a stelle e strisce, di servi sciocchi e cavalier ...
Giuseppe Aragno - 10-02-2007
Nella nostra storia esistono anche le foibe. Sono un episodio tragico che ha radici lontane: affondano nella cosiddetta "grande guerra", una tragedia dalle dimensioni ben più feroci nella quale su seicentomila uomini persi, centomila furono uccisi ...
Giuseppe Aragno - 02-02-2007
Dallo Speciale Il tempo e la storia


Testimoni

Liberale si definisce il nostro Parlamento nel suo insieme. Questo tornare al vecchio è segno distintivo dei nostri tempi nuovi. Fatta l'Italia, abbiamo finalmente gli italiani: cattolici, ...
Giuseppe Aragno - 27-01-2007
Dallo Speciale Il tempo e la storia


Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica grazie al voto di deputati che nessuno ha mai eletto - i precedenti di questo Parlamento vanno cercati nella Camera dei Fasci e delle Corporazioni - s'è nominato ...
Giuseppe Aragno - 26-01-2007
La camorra l'ho vista da vicino in oltre vent'anni spesi, per usare la retorica d'un tempo, come ingegnere d'anime nelle scuole dello Stato, tra via Tagliamone e il rione Siberia, dove carabinieri e pubblica sicurezza entrano solo in forze e il confine tra bande rivali è sottile e macchiato di sangue. Da vicino, nella realtà quotidiana, ho conosciuto l'inaudita e spietata violenza dei "capi", la miseria materiale e morale e dei "gregari", la paura della povera gente onesta e la tragedia senza fine di ragazzini che ho imparato ad amare e che oggi - sono loro lo so, non serve ch'io menta a me stesso - cresciuti con ferocia che atterrisce, ammazzano e si fanno ammazzare.
Nel bagaglio delle mie esperienze trovano posto i tradimenti, i pentimenti e le feroci vendette, un alunno quindicenne, ucciso come un cane sulla tangenziale, le pistole giocattolo modificate, buone a sparare un colpo, la fatica di vivere senza certezze, la purezza dello sguardo delle adolescenti diventata d'un tratto malizia, l'onestà che resiste fino all'impossibile e quella che cede sino all'abiezione. Nel bagaglio delle mie esperienze c'è un gruppo d'insegnanti che tiene con dignità la bandiera dello Stato tra la sporcizia materiale e morale d'una realtà immutabile che a fine Novecento puoi descrivere tranquillamente col parole che Arturo Labriola usò per la Napoli di fine Ottocento: quella dei "centomila selvaggi" ammassati tra Vicaria, Pendino e San Lorenzo, "brulicante di pitocchi, di scugnizzi, di camorriste e prostitute, [...] sorridente di sole e purulenta di piaghe". Per quanto scavi nella memoria e provi a mettere a fuoco immagini che gli anni hanno sfocato, nel verminaio che ho visto crescere e rafforzarsi col passare degli anni, non ricordo di aver mai incontrato una presenza significativa delle Istituzioni. Ricordo, questo, sì, il lucido e severo pessimismo d'un nostro grande artista, Eduardo De Filippo, che al Festival di Spoleto, guardando lontano, giunse al punto di modificare la frase finale di "Napoli milionaria": "A nuttata nun passa chiù", ammonì così previggente don Gennaro, in una memorabile serata, cui seguirono l'inevitabile polemica col sindaco comunista Valenzi, le consuete promesse, la difficile riappacificazione, gli impegni presi e disattesi e il consueto silenzio finale.
Nel bagaglio delle mie esperienze non ci sono illusioni.
Giuseppe Aragno - 18-01-2007
Non so, né mi interessa di sapere, se ogni politica debba "piegare le ginocchia davanti alla morale" come vorrebbe Kant. Sono convinto, però, che una parte politica si distingua dalle altre per una concezione del mondo ispirata a sistemi di valori ...
Giuseppe Aragno - 12-01-2007
Valentino Parlato si lamenta: In questo tempo di governo riformista siamo di fronte alla più grande offensiva antiriformista della storia repubblicana [Cercando un'altra strada, "Il Manifesto" 06-01-2007]. E c'è chi, come me, aggiungerebbe un grano ...
Giuseppe Aragno - 04-01-2007
Lo ammetto: da un po' mi arrocco in una posizione di stallo intransigente e mi sento a disagio. Saranno gli anni, il temperamento che di giorno in giorno peggiora, una lontana vena d'estremismo che si va inacidendo e può essere vero: sono inadeguato ...
Giuseppe Aragno - 30-12-2006
Cari compagni, auguri. Per il peso che portate del passato, per la responsabilità che già avete del futuro, per questo centrosinistra che ha ucciso la speranza, cari compagni, auguri.
Auguri, cari compagni, per quest'anno che avete lasciato morire ...
Giuseppe Aragno - 16-12-2006
Dallo Speciale Il tempo e la storia


Testimoni

Se il silenzio può essere prigione, tutto ciò che lo rompe - parole, discorsi, libri - può servire a chiudere una cella meglio d'un catenaccio e, non di rado, più che del silenzio, siamo prigionieri del rumore suscitato ad arte da un uso strumentale della parola. D'altro canto, parole occorrono per mentire e parole servono a raccontare la verità: la guerra è una barbarie, certo, ma c'è chi la vuole santa e chi umanitaria. Se è stata partigiana, fu guerra comunista ed oggi, che regna il capitale, si dice terrorista. Sull'antifascismo non c'è chi non dica la sua: Galli Della Loggia piange la "morte della patria", Violante saluta con rispetto la Decima Mas e, stando a Pansa, gli antifascisti furono solo banditi comunisti. Se chiedi nomi, è un coro: Longo, Nenni, Pertini, Togliatti. Gli assassini di Mussolini e i fondatori della partitocrazia. Eppure la resistenza al fascismo durò vent'anni e visse nel silenzio: un silenzio che ebbe un'etica e rese carcerati i carcerieri.



Umberto Vanguardia

Nell'elenco degli iscritti alla sezione napoletana del Partito Socialista, sequestrato dalla polizia nel novembre del 1893, Umberto Vanguardia è inserito nella sparuta pattuglia degli "impiegati". In realtà è solo un ragazzo che frequenta il ginnasio. L'età è quella dei sogni e delle passioni egualitarie e Napoli, "con le sue grandi miserie materiali, brulicante di pitocchi, di scugnizzi, di camorristi e di prostitute, e con le sue grandi miserie morali, [...] sorridente di sole e purulenta di piaghe" è "un invito permanente a rivoltarsi, ad insorgere, a levarsi contro tutti".
Ripudiato Mazzini per lo scudo sabaudo, ridotta l'esperienza garibaldina a Bixio e ai contadini fucilati a Bronte, l'Italia che conta è con Crispi e non sogna, sicché è quasi fatale: il 9 agosto del 1894, Vanguardia, a meno di sedici anni, finisce in manette . La storia della democrazia passa solitamente per tribunali e celle.
Giuseppe Aragno - 12-12-2006
Lettera aperta al Forum insegnanti.

Perdonate colleghi, ma non firmo.
E se, malaccortamente, l'avessi già fatto per senso del dovere - non lo escludo ma non me ne ricordo - bene, se l'avessi già fatto vi dirò che ritiro la mia firma. Non sarà ...
Giuseppe Aragno - 25-11-2006
A dar retta a Marco Travaglio quasi il 10 % dei nostri Parlamentari è costituito da personaggi "ben noti" ai nuclei investigativi delle forze dell'ordine [1]. D'accordo, Travaglio è aggressivo, eccessivo e magari fazioso; per fare di Palazzo Madama ...
Giuseppe Aragno - 07-11-2006
Dallo Speciale Il tempo e la storia

Poche annotazioni, sintetiche e brevi quanto si può, per non tediare chi legge - so già che è impresa vana - e per non rinunciare al tentativo di diversificare, ampliare, se possibile, gli angoli visuali e le ...
Giuseppe Aragno - 25-10-2006
Nell'alterna vicenda del tempo, Vico l'ha detto, i cicli si ripetono e questo non è più tempo di patti sociali, tempo di Locke e del "diritto di resistenza", tempo di Kant e di quella sua "pace perpetua" intesa come aspirazione politica, linea di tendenza, criterio interpretativo della storia del progresso umano. Questo non è nemmeno più il tempo dell'uomo lupo all'uomo: lo Stato di Tommaso Hobbes governava la Chiesa e riconosceva ai sudditi il diritto alla vita e all' integrità fisica. Che tempo quindi è mai questo?
Giuseppe Aragno - 14-10-2006
Via Foria, fuori le mura dell'antica città, incrocia via del Duomo ad angolo retto. Nell'autunno del '56, nell'ampio crocicchio, si levava già in alto il "grattacielo" della Upim e, risalendo a sinistra l'ampia e alberata piazza Cavour, s'incontrava ancora, in cima a pochi gradini, il glorioso "San Carlino", il teatro nel quale tutti i Pulcinella hanno riso e pianto con la gioia e la malinconia d'un popolo che sa subire, ma sa anche prendersi gioco dei potenti e ribellarsi. In quegli anni Napoli non s'era ancora persa nel modello omologante dell'Europa e la città operaia costringeva nei suoi covili la camorra, che si andava facendo aggressiva all'ombra della corruzione neofascista, del voto di scambio e del paternalismo clerico-moderato.
In un bel libro dalla copertina rosso pompeiano - Napoli greco-romana di Mario Napoli. che conservo come fosse una reliquia - avevo scoperto che sotto il selciato a "cazzimbocchi", che oggi chiamiamo nobilmente sampietrini, correva la via d'una porta romana con le antiche tabernae e le cauponae, che avevano rifocillato i viandanti, le "fulloniche" per gli abiti da tingere e certi piccoli ambienti con letti in muratura, chissà, forse cubicula di un lupanare che, in quell'alba di vita, immaginavo fossero tane di lupi. Anni dopo, solo anni dopo si sono fatti spoetizzanti "casini", "case chiuse", "case di tolleranza", e ho capito quanta poesia ci ruba questo nostro viaggio precario e che fortuna abbiamo quando siamo bambini e non sappiamo.
La mattina, in quei giorni di ottobre, mi avviavo all'incrocio con passo lieve e rispettoso per quell'antico mondo che avevo sotto i piedi, ancora preso da quella "prima media" che mi aveva strappato all'avviamento professionale del quale istintivamente diffidavo.
Ebbi paura e non chiedete perché: cinquant'anni dopo, chi volete che sappia cosa passava nella testa di bambino? Ebbi paura per quei grandi titoli neri sui giornali, per le foto dei cingolati, per la guerra, l'invasione, ancora così presenti nei racconti dei miei. Una paura che mi accompagnò mentre attraversavo la via deserta - erano anni in cui le automobili passavano davvero raramente - e Foria si faceva larga, sempre più larga, troppo larga per un bambino spaventato, sicché non vidi la "vespa" scendere veloce da Via Miracoli, curvare, frenare, stridere e prendermi infine alla schiena, sbandando e riprendendosi senza fermarsi. Mi alzai rapidamente da terra, ma giunsi a scuola ammaccato e frastornato e fu così per giorni, con mio padre che se la prendeva ferocemente con l'Armata Rossa, mio zio comunista che difendeva ciecamente i sovietici e la gente concitata e impaurita dallo scontro per Suez e da Nasser, che aveva gridato: è la terza guerra mondiale. La gente si divise: i più disapprovavano con rabbia e temevamo una guerra e rimasero in pochi a difendere i russi e l'invasione. Una mia opinione me la feci anni dopo, quando l'armata liberatrice giunse a Praga e ruppi col Pci.
Non sono più il ragazzo, figlio di povera gente, che all'inizio del suo viaggio cadde a via Foria. Oggi sono vecchio e lo so: buona parte di ciò che ho avuto di buono nella mia vita è stato strappato dalla sinistra alla conservazione. Oggi lo so: fu un errore storico tacere ed avallare. I comunisti, che erano caduti coraggiosamente sui monti della Resistenza, lottando contro la dittatura nazifascista, ed erano, checché ne dica Pansa, un baluardo della democrazia, commisero un errore storico. Nella ferocia seguita a Yalta, alcuni mentirono agli altri e molti ingannarono se stessi: la rivoluzione ungherese nacque socialista e libertaria e furono i carri armati sovietici a fare spazio alla destra. Sbagliarono. Si sbaglia sempre quando non si fanno i conti con la propria storia.
Fu un tragico errore. Si poteva dirlo a ragione: i gulag non sono il socialismo. Qui da noi non lo sono stati mai. E' venuto il tempo di domandare scusa a chi pagò, ma questo non vuol dire che la storia sia quella che raccontano Pansa, Fini, Vespa e Berlusconi. Tornassi indietro, combatterei di nuovo fino in fondo la mia battaglia nella sinistra e pagherei, così come ho pagato, i costi dello scontro. A destra però non passerei. A chi strumentalmente oggi ci fa processi sommari vorrei proporre in lettura lo scritto che segue, perché ricordi: gli ungheresi in rivolta erano socialisti e non hanno bisogno di certi avvocati d'ufficio.
Giuseppe Aragno - 07-10-2006
L'attualità del 1956 non è data oggi dall'accertamento delle "responsabilità" o dalla questione del mai colmato "ritardo" del Pci. La questione attuale che il 1956 ci pone oggi è ben più stringente: è quella, irrisolta nella sinistra, della scelta netta tra due ruoli. Il Pci ieri, oggi la sinistra "alternativa", hanno radici profonde nella società italiana, sono parte essenziale delle sue migliori caratteristiche sociali e culturali, ma non sanno essere autonomi quando giunge il momento delle scelte che richiedono coraggio. Rappresentano da sempre un modello, eppure da sempre "cercano" modelli: ieri fu il mito della rivoluzione, che lo stalinismo aveva lentamente logorato, fino a spegnerne le profonde ragioni ideali, oggi è l'illusione del mercato che produce disperazione in nome del profitto. Il rischio terribile è quello di incappare un nuovo e più tragico '56: allora abbarbicati all'Est, oggi accecati dall'Ovest. Non serve l'ennesima terza via: dalle nostre radici crescono piante nuove. Vico ebbe una grande intuizione: siamo noi che "facciamo" la storia. E' l'uomo che giunge dalla barbarie alla civiltà e poi torna alla barbarie. Io non credo, però, che a tirarci fuori dall'alternanza ciclica dei "corsi" e dei "ricorsi", dal succedersi costante di progresso e barbarie, sia come egli scrive, la Provvidenza. Protagonisti della storia, noi inoculiamo nella barbarie che torna i germi di tutte le civiltà che si sono spente; esse perciò si succedono in senso progressivo e, nel suo insieme, la storia non va indietro: non saremo mai più barbari dei nostri nonni e i nostri nipoti saranno più civili di noi. Nei tempi che le sono propri, e sono i tempi dell'uomo, noi la spingiamo avanti la storia e indietro non si torna. In questa prospettiva mi pare si inserisca la scelta di quella parte della Cgil che si scrolla di dosso inutili tutele e minaccia lo sciopero.
Non c'è provvidenza che conti: noi muoviamo la storia, noi dobbiami farlo. Salvare Segni per la seconda volta sarebbe un vero e proprio suicidio politico.
Giuseppe Aragno - 27-09-2006
Era giunto scortato e con l'auto blu. Da anni ormai si spostava così e non ricordava più quand'era stata l'ultima volta in cui era salito su un pullman. Era venuto fuori agilmente e s'era subito avviato a passo svelto e sicuro, col fresco lana antracite che scendeva a pennello sulle spalle dritte, i gorilla che gli facevano scudo tra la solita folla di curiosi e gli immancabili giornalisti.
Sembrava semplice e spontaneo, ma conosceva a memoria la lezione dei curatori d'immagine:
- Sciolto, giovanile, deciso... un uomo che sa il fatto suo, uno che la gente lo guarda e si sente tranquilla, si fida. Anzi, no: si affida.
Sembrava che neanche il caldo appiccicoso, esploso inspiegabilmente in quel pomeriggio di primo maggio, sapesse infastidirlo, ma non era così. Da tempo i fine settimana di maggio li dedicava al mare e la testa era lì, nella barca lasciata all'ormeggio. Ma un prezzo ogni tanto occorreva pagarlo. Col segretario, che organizzava come meglio non si poteva la sua vita pubblica, era stato durissimo:
- Questa cazzata proletaria me la potevi evitare! Avrò pure diritto ad una vita privata...

Non gli piaceva ammetterlo, ma c'era poco da fare. Luigi, il vecchio marpione amministratore del suo tempo, aveva perfettamente ragione:
- Sai che vita privata, faresti, senza queste "cazzate proletarie"? Quella che fanno i poveri disgraziati per i quali uno come te rappresenta una speranza!


Giuseppe Aragno - 12-09-2006
Il congresso fu breve e senza lampi. Gli ideali sono fiori di serra. Fuori dal paradiso dei sogni, stentano a fare i conti con la realtà che li genera. Tra genitori e figli è da sempre così: fatica infinita. Padri di sogni divini, noi ci portiamo dentro, sepolti sulla soglia invisibile della coscienza, sotto millenari sedimenti, il nostro misterioso codice genetico e l'origine della specie; è vero, noi sappiamo sognare e volare, ma siamo l'acqua del mare che portiamo nel sangue, siamo il pesce, l'anfibio, la scimmia, l'impasto d'acqua e terreno raccattato a caso, una creta dozzinale e misteriosa che inspiegabilmente rinnova se stessa e contiene la coscienza del male e del bene. Siamo una creta bruta che sa gelidamente ammazzare a tradimento, ma può scegliere di morire per amore.

Il congresso fu breve e senza lampi: se così mi torna in mente sarà vero. Ttuttavia, oggi raccontando, mi pare che una luce dolce e ferma ci accompagnò per tutto il tempo, come accade ogni volta che ci troviamo assieme, uomini e donne, animali sin dalla notte dei tempi, eppure compagni nel far guerra agli istinti. Come accade per un miracolo d'umanità ogni volta che ragioniamo assieme. Secolo dopo secolo, generazione dopo generazione, questa guerra disarmata che conduciamo per piegare l'interesse personale ai bisogni collettivi, questa guerra che ci scava nel petto, che vinciamo e ad un tempo perdiamo - siamo noi che lottiamo contro noi stessi - questa guerra è la luce che attraversa uomini e cose. Questa guerra è la storia.

Il congresso fu breve e senza lampi, ma mise insieme, per chi volle vederlo, il passato e il presente in nome del futuro; mise contro per unirli uomini e storie diverse tra loro; mise l'uno di fronte all'altro gli uomini che gli anni avevano fatalmente cambiato e i compagni che li ricordavano così come erano stati. Insieme, passato e presente, com'eravamo stati e come la vita ci aveva ridotti.
- Irriconoscibili - pensai con amarezza.
Giuseppe Aragno - 07-09-2006
Poco più di cento giorni, dall'Elba a Waterloo, costarono a Napoleone Sant'Elena, ma era una stagione felice e feroce di sangue versato e di ideali vittoriosi: il trionfo di Smith, del libero mercato e il violento cambio della guardia tra due classi ...